Quale è il ruolo della donna nell'attuale società italiana? In Italia sta crescendo una generazione di giovani donne più preparate e acculturate dei coetanei maschi. Dalle statistiche del 2004, risulta che in Italia il 58% dei laureati è donna, il 71% delle quali con voto di laurea superiore al 100/110 contro il 55% dei maschi.
Risulta inoltre che il 25% delle studentesse ottiene il massimo dei voti, contro 18% dei maschi, eppure solo il 46% delle donne ha un lavoro e solo il 19% di loro ha una posizione direttiva e infine tutte guadagnano in media il 15% in meno dei colleghi.
E mentre nell'impiego statale non c'è alcuna differenza economica tra uomini e donne, il divario tra gli stipendi nel settore privato può essere superiore al 20%.
Nella Pubblica amministrazione il 50% degli impiegati è donna, ma solo il 23% sono dirigenti.
In politica i partiti hanno difficoltà a riempire i loro quadri di donne e nonostante che tutti i partiti si proclamino favorevoli alle quote rosa, in definitiva sono poche le parlamentari donne e raramente raggiungono posti di potere all'interno del partito.
Non è facile spiegare il perchè di questo fenomeno, in teoria, almeno nello Stato, nella Scuola e nell'Università non dovrebbero esserci queste differenze. Ma molto dipende dal carattere della donna, infatti come dice la professoressa Zajczik che nel suo libro "La resistibile ascesa delle donne in Italia" edito da Il Saggiatore, ha studiato a fondo il problema: "Sono disposte le donne ad assumersi le responsabilità che comportano i ruoli di potere? Sono ruoli che esigono continuità nella determinazione, dedizione completa. La politica per esempio richiede una presenza 24 ore su 24, ma dalla nostra ricerca emerge che le donne, anche le più giovani, rifiutano questa consacrazione assoluta, tipicamente maschile, vogliono invece trovare il modo per conciliare lavoro, carriera e vita affettiva".

Sembra quindi che le donne anche se più brave, studiose e preparate non abbiano la grinta necessaria a sfondare nel mondo del lavoro e della politica, anche perché hanno la tendenza a fare le cose che a loro piacciono di più, invece di sacrificarsi per ottenere un reddito più alto. E questo spiega il fatto che scelgano spesso lauree forse più facili e più interessanti come p. es. "Lettere antiche" o "Filosofia" anziché impegnarsi in lauree difficili come "Ingegneria" o "Chimica", che sono tra le più aride e difficili, ma anche tra le più richieste sul mercato.
Le donne poi preferiscono un impiego statale e in particolare l'insegnamento, perché tali lavori consentono un orario più flessibile e meno impegnativo e un ambiente di lavoro meno competitivo. Inoltre l'impiego statale consente alle donne di stare più vicine alla famiglia e ai figli e in passato consentiva prepensionamenti dopo appena 14 anni e 6 mesi di attività....
Bisogna poi tener conto che sul mercato del lavoro privato la donna è chiaramente svantaggiata dalla maternità, nessun imprenditore desidera avere delle dipendenti che in caso di maternità possono assentarsi per mesi e mesi (nel caso di una gravidanza a rischio seguita da parto difficile anche più di 10 mesi) magari proprio nel periodo in cui la ditta ha necessità di assumere personale.
Non è un segreto per ottenere un impiego a tempo indeterminato, molte donne devono sottostare alla firma di una lettera di dimissioni che sarà fatta valere dal datore di lavoro in caso di maternità.
Per cui pensiamo che non abbiano avuto molto successo le politiche attuate finora sulle pari opportunità, quando in effetti si può constatare che dal punto di vista della resa economica per un imprenditore il lavoratore donna spesso rende di meno del lavoratore uomo e con ciò si giustifica il fatto che purtroppo nel settore privato le donne siano meno richieste degli uomini e gli stipendi della donna siano inferiori a quelli dell'uomo.
Mentre nel settore pubblico, dove per legge le retribuzioni sono identiche, la minore disponibilità della donna a una presenza continua e costante in ufficio, fa sì che le dirigenti donna non abbiano quel successo che indubbiamente meriterebbero per le loro qualità.
Infatti come emerge dal "Rapporto 2006 sulla rilevazione delle assenze" dell'Assessorato alle risorse umane del Comune di Roma, le dipendenti donne nel 2006 hanno avuto 36 giorni di assenza contro le 25 giornate di assenza dei dipendenti maschi, e il suddetto rapporto sembra giustificare il fenomeno con "il permanere di una sorta di doppio carico per le donne, che mantengono, oltre all'impegno lavorativo, la responsabilità della crescita dei figli e della famiglia." Secondo noi questo delle maggiori assenze è uno dei motivi per cui nel settore pubblico la carriera delle donne è tanto limitata e nel settore privato gli stipendi sono tanto inferiori.

E allora nonostante che negli USA, dove non c'è alcuna tutela a favore della donna e della maternità, le donne facciano molta più carriera di quelle europee e delle italiane, noi pensiamo che sia del tutto assurdo provare a seguire gli americani su questa strada abolendo le nostre norme a tutela del lavoro femminile, anzi, vista l'attuale crisi demografica italiana, auspichiamo che siano aumentati e resi stabili nel tempo i vari provvedimenti estemporanei come il "Bonus bebè" del governo Berlusconi e altri attualmente in studio dal governo Prodi a favore della maternità, come incentivi fiscali a favore delle aziende che assumono donne e sostegni per quelle che investono nelle pari opportunità, senza dimenticare asili nido e sussidi per le madri che studiano.


Pertanto ricordandoci che l'Italia è il fanalino di coda della Comunità Europea con il 46% delle donne lavoratrici contro il 57% della media europea ed è ben lontana dal raggiungere l'obiettivo comunitario del 60% entro l'anno 2010. Considerando che forse è proprio lo scarso contributo femminile uno dei motivi dell'arretramento del nostro sistema economico così poco competitivo e che forse non è un caso che la Spagna dove le donne lavorano molto più che da noi, ci abbia appena sorpassati nel PIL pro capite.
E allora, prima di essere superati anche dalla Grecia, oltre che dai Paesi dell'Est Europeo, ci si chiede se non sarebbe il caso di applicare una vera cura shock per promuovere il lavoro femminile in Italia:

Incentivi fiscali per le imprese che assumono personale femminile.

Sgravi fiscali per le donne lavoratrici.

Incremento degli asili nido.

Flessibilità e Part time a richiesta (anche per i padri).

Assistenza agli anziani non autosufficienti.

Rimane il problema di come finanziare questi incentivi alla famiglia, forse uno dei sistemi per reperire risorse potrebbe essere quello di equiparare gradualmente l'età pensionabile delle donne a quella degli uomini. Non è una soluzione semplice, ma dovrebbe essere presa in considerazione e discussa apertamente da tutte le forze politiche.
Tutti questi provvedimenti potrebbero servire anche a riportare nella media europea il triste primato italiano delle mamme quarantenni, infatti risulta che in Italia il 5% dei parti avvenga dopo i 40 anni, la scelta di avere il primo figlio a questa età è certamente dovuto alla penalizzazione delle giovani donne nelle opportunità di lavoro, nella retribuzione e nei diritti sociali.
F.C.

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LA SESSUALITA' FEMMINILE

Per vivere al meglio la tua sessualità

Sono molti i siti internet che trattano di questo argomento, vogliamo segnalarvi il più recente. L'anno scorso aveva avuto un dicreto successo "SMS", una fiction virtuale sul sesso sicuro per gli adolescenti.
Contro il dramma dell'aborto fra le adolescenti serve in primo luogo maggiore informazione. Non solo quella della famiglia o della scuola, INTERNET rappresenta oggi la vera via privilegiata per raggiungere i giovani. Lo dimostra il grande interesse suscitato dalla fiction "SMS-Scegli Metodi Sicuri", la prima fiction italiana realizzata interamente in Second Life, il mondo tridimensionale creato da Linden Labs.

   

La formula era quella di informare e promuovere il sesso sicuro attraverso una fiction in 20 puntate adatta a un pubblico di giovanissimi. Grazie alla novità dell'animazione in 3D, migliaia di ragazzi si sono appassionati alle vicende dei due protagonisti ancora minorenni, seguendoli passo passo fin dal loro primo incontro in discoteca, allo scoccare del colpo di fulmine, che precipita subito con un rapporto sessuale non protetto, seguito da dubbi, paure, speranze, problemi con i genitori e gli amici fino al finale che non vogliamo svelarvi....
"SMS" che adesso è stata chiusa, era promossa dalla Sigo (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) nell'ambito del progetto "Scegli tu", patrocinato dal Ministero per i Diritti e le Pari Opportunità. La fiction era ambientata nella Milano virtuale di Second Life, con la regia di Roberta Cirillo, le musiche originali di Luca Nesti e il doppiaggio di Cristina Boraschi, la voce italiana di Meg Ryan e Julia Roberts.


F.C.

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IL PARERE DELLA CHIESA CATTOLICA

E DELLE ALTRE RELIGIONI

La posizione delle principali religioni rispetto al controllo delle nascite e ancor più rispetto all'interruzione volontaria di gravidanza è solitamente di condanna, seppure molte di esse lo ritengano accettabile in particolari circostanze.
La dottrina cattolica ritiene che Dio ha creato la sessualità coniugale affinché l'uomo e la donna possono unirsi allo scopo di procreare. Alterare la fertilità del rapporto sessuale con l'intenzione di limitare o impedire la riproduzione è considerato peccato grave. Quindi la Chiesa Cattolica sconsiglia l’utilizzo di metodi non naturali per il controllo delle nascite, vieta gli anticoncezionali e la sterilizzazione e ammette unicamente l’astinenza periodica. Ha inoltre affermato che i profilattici non sono prevenzioni totalmente affidabili nei confronti delle malattie sessualmente trasmissibili, e che diffondendo l’idea del "sesso facile" contribuiscono a diffondere l’AIDS.
Altre confessioni cristiane, come la chiesa luterana, e quella Valdese non considerano peccato l'utilizzo di anticoncezionali o l'avere rapporti sessuali al di fuori del matrimonio.

I cattolici considerano la vita dono del Signore e da questo deriva che l'aborto è paragonato ad un omicidio, in quanto interruzione di una vita. Allo stesso modo i cosiddetti metodi di contraccezione d'emergenza, che impediscono l'annidamento dell'embrione nell'utero materno, vengono considerati abortivi perché pongono fine alla vita del nascituro.
Tuttavia si ritiene lecito eseguire un aborto, solo nel caso di grave pericolo attuale per la vita o la salute della donna, in quanto ha carattere direttamente terapeutico.
Anche la posizione della Chiesa Ortodossa è contraria all'aborto, ma la posizione delle Chiese protestanti è più variegata.
Nell'Islam si ritiene che il feto riceva l'anima solo dopo 120 giorni dal concepimento, tuttavia anche l'embrione è ritenuto degno di rispetto. Per questo l'aborto in generale non è consentito, salvo i casi di stupro e di problemi di salute della donna incinta. Comunque dopo il quarto mese è considerato un omicidio.
Nella religione ebraica può essere ammesso l'aborto solo nelle prime quattro settimane e solo nel caso di grave pericolo per la salute della madre.
Nel buddismo l'aborto è vietato da quasi tutti i testi e tradizioni perché considerato una violenza nei confronti di un essere vivente.
F.C.

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L'ABORTO IN ITALIA

una questione politica

La legge italiana sulla Interruzione Volontaria della Gravidanza è la Legge n.194 del 22 maggio 1978 con la quale sono venuti a cadere i reati previsti dal codice penale precedente.
La 194 consente alla donna, nei casi previsti dalla legge, di poter ricorrere alla IVG in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza), nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrere alla IVG solo per motivi di natura terapeutica.
La pillola del giorno dopo è un farmaco utilizzato come metodo contraccezione di emergenza durante le 72 ore successive a un rapporto sessuale. Il principio attivo è il progestinico levonorgestrel, una sostanza presente anche in molte pillole contraccettive, impiegata però in un dosaggio 20-30 volte maggiore (750 microgrammi).
Non va confusa con la RU-486, uno steroide sintetico utilizzato come farmaco abortivo per l'aborto chimico nei primi due mesi della gravidanza. Prodotto sotto forma di pillola abortiva viene commercializzato in Francia con il nome Mifégyne e negli Stati Uniti come Mifeprex. Durante le prime sperimentazioni fu usata la sigla RU-486, dall'azienda produttrice, la Roussel Uclaf, da qui il suo secondo nome.
Rispetto ai metodi abortivi tradizionali ha il vantaggio di non richiedere l'ospedalizzazione della donna né interventi chirurgici, per questo si ritiene che provochi minori traumi fisici e psicologici oltre che minori costi per il servizio sanitario. Attualmente è in uso in tutti i paesi della Comunità Europea ad eccezione di Italia (in parte), Irlanda e Portogallo.
Attualmente la Exelgyn, l’azienda francese che produce la pillola abortiva RU486, ha chiesto la registrazione del farmaco presso l'Agenzia Italiana del Farmaco, benché la pillola venga già ora importata in singole confezioni dietro richiesta degli ospedali che devono indicare nel modulo d'ordine, il nome della paziente cui sono di volta in volta destinate.
Il ministro della Salute Livia Turco interviene ancora una volta in difesa della 194. Bersagliata dalle critiche dell’opposizione e dei cattolici per l’apertura alla RU486, la pillola abortiva, la Turco cerca di eludere l’ostacolo girando tre quesiti fondamentali al Consiglio Superiore di Sanità.
Vista l’evoluzione compiuta dalla medicina in questi ultimi anni nel campo delle nascite premature e dunque nella possibilità della sopravvivenza del feto, il ministro chiede al Consiglio di fornire «specifiche indicazioni sulla definizione di possibilità di vita autonoma del feto».
Infatti la 194 prevede che l’interruzione possa essere praticata soltanto «quando la gravidanza ed il parto comportano un grave pericolo per la salute della donna». È evidente quindi, che le possibilità di vita autonoma del feto oggi siano anticipate rispetto al 1978 quando fu varata la 194.
Il ministro chiede poi ai suoi esperti di chiarire le modalità dell’uso della RU486 nel rispetto della legge 194 che esclude la possibilità della vendita diretta in farmacia. La pillola infatti a tutt'oggi può essere somministrata soltanto in ospedale e dopo visita ginecologica.
F.C.

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